Come si degusta

Miele



La direttiva CEE del 22 luglio del 1974 definisce il miele come prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse, che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie ed immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Il prodotto finale elaborato dalle api è composto al 95% da zuccheri, e di questi il 90% sarà costituito da glucosio e fruttosio. Se prevale il primo si avrà un miele con tendenza a cristallizzare; se prevale il secondo si avrà un miele più liquido e di più difficile e lenta cristallizzazione. Ma la tendenza alla cristallizzazione è propria di tutti i mieli, con alcune rare eccezioni, poiché essi, dal punto di vista chimico, non sono null’altro che soluzioni soprassature, ovvero contengono più zucchero di quanto ne possa rimanere stabilmente in soluzione. In Italia le specie botaniche adatte alla produzione di miele e con fioriture contemporanee sono così tante che il numero delle combinazioni possibili, cioè il numero dei mieli “millefiori” possibili, è pressoché infinito. Non riconoscere l’importanza dell’origine botanica di un miele significa contribuire a dare del miele un’immagine confusa, favorendo i tentativi di sofisticazione o di immissione sul mercato di mieli di qualità inferiore. Questo non significa che i mieli uniflorali siano tout court migliori dei millefiori: significa però che il legame tra miele e piante e tra piante e territorio è fondamentale per definire le caratteristiche e la qualità del miele. Tanto più che i mieli rigorosamente uniflorali sostanzialmente non esistono o sono estremamente rari: le normative internazionali definiscono un miele come uniflorale se i residui pollinici individuati nel miele provengono per il 70% da una determinata specie botanica e se il miele possiede le caratteristiche organolettiche, fisico-chimiche e microscopiche relative a questa tipologia. Il miele di millefiori non è, come qualcuno pensa, una miscela di mieli diversi, ma è tutto quel miele che non può essere individuato come monoflora in quanto alla sua composizione hanno partecipato vari tipi di nettare, ma nessuno in maniera prevalente. Il miele millefiori può riservare grandi piaceri ai golosi attenti ed in particolare quello di alta montagna è estremamente pregiato.
Un discorso a parte riguarda i mieli di melata. Essi vengono prodotti a partire non dal nettare ma dalla sostanza secreta da alcuni parassiti delle piante. Questi insetti succhiano la linfa delle piante sulle quali vivono per trarne le sostanze azotate, che però sono presenti nella linfa in quantità minime. Ecco perché hanno bisogno di elaborare molta linfa: tutto ciò che a loro non serve viene poi eliminato per via intestinale e questa sostanza (le “resine” degli abeti o delle querce o la “bava” lasciata dalle metcalfe al loro passaggio), composta in massima parte di zuccheri, viene utilizzata dalle api con lo stesso procedimento con il quale utilizzano il nettare, per produrre miele. Vediamo brevemente quali sono le fasi della degustazione del miele. È opportuno che piccole quantità di miele vengano poste in bicchieri trasparenti. In questo modo si potrà valutare il colore del miele a parità di quantità. Esso infatti può risultare più o meno intenso a seconda della quantità che stiamo osservando: un paio di cucchiai di miele di acacia in un bicchiere possono apparire completamente trasparenti, mentre lo stesso miele in un barattolo da un chilo può evidenziare le sue sfumature giallo paglierino.
La prima fase è come sempre quella della osservazione: oltre al colore, si valuta l’aspetto generale: lo stato fisico (fluido, semifluido, compatto…), l’eventuale presenza di impurità, la limpidezza (per il miele fluido), il tipo di cristallizzazione (fine, media, grossolana).
Per valutare olfattivamente il miele, le cui sostanze volatili sono relativamente poche, occorre distribuire il miele sulla superficie interna del bicchiere. Se anche in questo modo le percezioni dovessero rivelarsi deboli, si può provare a scaldare un poco il miele tenendo il bicchiere tra le mani. La gamma degli odori che i mieli possono presentare è vastissima, ed occorre concentrarsi parecchio, anche per evitare di essere fuorviati dai nomi: molto spesso non c’è nessuna attinenza olfattiva con i fiori da cui proviene il miele.
Si passa quindi alla bocca, introducendo una piccola quantità di miele: bisogna trattenerlo in bocca lasciandolo sciogliere e cercando nel contempo di coglierne le sensazioni gusto olfattive ma anche quelle tattili, che nei mieli cristallizzati sono parte importante e che si ottengono comprimendo il miele tra lingua e palato. La consistenza, la grana, il grado di umidità sono tutti fattori importanti per descrivere il miele.